La traduzione di un libro in inglese non è solo uno sforzo linguistico, ma anche culturale. Leggi di più sulla nostra ultimissima traduzione di un libro in inglese.
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Il mese passato ci ha viste impegnate nella traduzione in lingua inglese del libro di Marco Mazzocchi “Siamo nati per guidare? Il nostro cervello alla guida, tra capacità di attenzione, tempi di reazione e trappole mentali”.
Il libro, che è uscito poco prima di Natale in italiano, tratta le dinamiche inconsce che si attivano quando siamo alla guida.
L’obiettivo è portarci a riflettere sugli errori più comuni che facciamo quando siamo al volante ed allenare il nostro cervello ad essere più efficiente alla guida. Un libro importante e dal linguaggio pratico e concreto.
Dietro alla traduzione del libro c’è un vero e proprio team in cui la parola d’ordine è collaborazione.
Innanzitutto l’autore, Marco Mazzocco, CEO di Efficient Driving. A questo link è possibile leggere un approfondimento e scaricare il comunicato stampa.
Quindi la curatrice editoriale, Giulia Reina, che nelle note introduttive al libro scrive:
Vi sentirete quasi spiati quando leggerete, con dovizia di particolari, la descrizione di certi comportamenti.
E infine Francesca Di Bitonto e Giulia Marzotto di DiBi Project, agenzia che ha curato il progetto di design grafico e di comunicazione offline e online.
Oltre ovviamente al traduttore madrelingua inglese, al revisore italiano e al project manager.
Innanzitutto è stata fondamentale l’abilità del traduttore di madrelingua inglese. Questi è stato affiancato, come avviene di prassi nel nostro studio di traduzione, da un team costituito da revisore e project manager.
Ovviamente non sono mancate le criticità traduttive che hanno messo alla prova il traduttore e il suo team.
In particolare vogliamo condividere con voi tre esempi concreti, per mostrarvi come sono state affrontate e risolte tre particolari “insidie” dal punto di vista della traduzione in inglese.
Ad un certo punto nel testo italiano l’autore parla di una tecnica da applicare alla guida per tenere la giusta distanza dal veicolo che precede, la quale consiste nel contare i secondi dicendo “milleuno, milledue, milletre…“. Come è stato tradotto questo in inglese?
In questo caso bisogna fare attenzione. Bisogna cioè chiedersi perché in italiano si usi la formula “milleuno, milledue, milletre…”. La risposta è: “per contare i secondi con una buona approssimazione”. In inglese questo è stato tradotto, in modo non letterale, con “1 Mississipi, 2 Mississippi, 3 Mississippi..” Infatti, è comune in inglese contare i secondi aggiungendo la parola Mississippi, perché ci vuole circa 1 secondo per pronunciarla.
Come si può intuire, la traduzione in questo caso è stata “funzionale” per mantenere la stessa “funzione” dell’italiano e “culture-specific” per essere il più possibile vicina alla cultura dei futuri lettori dell’opera.
Sembra una banalità, ma per decidere come approcciare il problema delle unità di misura bisogna chiedersi a quale pubblico sia rivolto il libro.
Meglio lasciare le unità di misura in italiano? Sostituirle con quelle anglosassoni facendo la conversione? Nel caso delle distanze, meglio usare i chilometri o le miglia?
Nel caso che ci riguarda, ci siamo confrontate con il committente e poiché il pubblico a cui è rivolta la traduzione del libro non è esclusivamente un pubblico anglosassone, si è deciso di lasciare le distanze espresse in chilometri e di aggiungere tra parentesi la conversione in miglia (es. circa xxx miglia).
In questo modo potremo incontrare le preferenze di un pubblico quanto più ampio possibile.
Quanto in là può spingersi un traduttore in un testo letterario? Fino a che punto ha il dovere di rimanere fedele all’originale o invece essere creativo?
Ecco un esempio:
All’interno del libro che abbiamo tradotto c’è l’immagine di una frase in italiano le cui parole sono scritte con le lettere “al posto sbagliato”, tranne la prima e l’ultima lettera.
Il cliente ci ha dato istruzioni di tradurre avendo cura di lasciare anche in inglese SOLO la prima e l’ultima lettera di ciascuna parola nel posto giusto così da mantenere lo scopo originario dell’immagine riportata nel libro, ovvero dimostrare la teoria di un professore di Cambridge sul funzionamento della psiche.
In questo caso, quindi, abbiamo dovuto trovare un modo creativo e originale per trasmettere il messaggio presente nel testo italiano anche in inglese.
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