La traduzione italiano coreano presenta una serie di difficoltà e, per alfabeto e struttura grammaticale, non si presta alla traduzione automatica.
Poiché la Corea del Sud è terreno fertile per le imprese italiane che operano nei settori della tecnologia, componentistica, moda, alimentare, cosmetica, farmaceutica e beni di lusso dove possono inserirsi come fornitori di nicchia o partner tecnologici, la domanda di traduzioni dal coreano e verso il coreano è in costante aumento.
È bene sottolineare quanto questa lingua sia diversa dall’italiano o dall’inglese e di quanto sia facile incorrere in errori se ci si affida esclusivamente a strumenti automatici.
In questo articolo vedremo le peculiarità della lingua coreana che rendono la traduzione particolarmente complessa e perché affidarsi a traduttori esperti è sempre la scelta più sicura.
Di cosa parleremo:
Andiamo con ordine.
La prima grande differenza sta nel sistema di scrittura.
Il coreano non utilizza l’alfabeto latino, ma un sistema fonetico originale chiamato Hangul (한글), creato nel XV secolo dal re Sejong. L’Hangul è composto da 14 consonanti e 10 vocali che si combinano in blocchi sillabici, ciascuno corrispondente a una “lettera” visiva.
Ad esempio, la parola 한국 (Hanguk), che significa Corea, è formata da due blocchi sillabici: 한 (Han) + 국 (Guk).
La traslitterazione segue regole precise che possono essere approfondite collegandosi al sito del National Institute of Korean Language, nella sezione Romanization of Korean.
Uno degli aspetti più delicati del coreano è il sistema degli onorifici, che riflette il livello di rispetto dovuto all’interlocutore in base all’età, al grado sociale o alla relazione.
La lingua coreana non ha un unico modo per dire “tu” o “lei”: ogni interazione richiede di scegliere il registro linguistico corretto.
Un verbo può essere coniugato alla forma neutra, cioè usata tra pari; nella forma onorifica usata per persone di rango superiore o clienti oppure si può usare una forma ancora più rispettosa, oggi usata in contesti molto formali o religiosi.
Un errore di livello può suonare maleducato o inappropriato.
Immagina una traduzione automatica che traduca una lettera di presentazione aziendale in coreano usando la forma neutra invece di quella onorifica: il risultato apparirebbe scortese, compromettendo la credibilità del mittente.
Solo un traduttore umano conosce le sfumature sociolinguistiche necessarie per adattare il tono in modo efficace e professionale.
Dal punto di vista grammaticale, il coreano è una lingua agglutinante, cioè costruisce parole e significati aggiungendo suffissi e particelle a una radice.
Inoltre, la struttura della frase segue lo schema Soggetto–Oggetto–Verbo (SOV), a differenza dell’italiano e dell’inglese, che sono lingue Soggetto–Verbo–Oggetto (SVO).
Quindi se in italiano diciamo ad esempio “Io mangio una mela”, il corrispettivo in coreano sarà “Io una mela mangio” (Naneun sagwareul meogeoyo.)
Questa inversione rende complessa la traduzione automatica, che tende a mantenere l’ordine delle parole dell’italiano o dell’inglese, producendo frasi innaturali.
Inoltre, nel coreanoi pronomi personali spesso vengono omessi perché il soggetto è implicito nel contesto. Una macchina, senza comprenderne il senso, può aggiungere o togliere parole in modo errato.
Le piattaforme di traduzione automatica stanno migliorando, ma la lingua coreana resta una sfida per l’intelligenza artificiale. Gli errori tipici riguardano il tono, il contesto e l’ambiguità.
Facciamo alcuni esempi reali.
Se traduciamo letteralmente dal coreano, in italiano si leggerebbe “Accompagnerò il cliente”. Cioè è stata fatta una interpretazione letterale, ma qui la forma è usato per esprimere rispetto e non un’azione fisica. In italiano si dovrebbe dire: “Siamo al servizio dei nostri clienti.”
Un altro esempio, traducendo letteralmente dal coreano leggerei “il mio cuore fa male“. Ma sarebbe una traduzioen letterale e fuori contesto. In realtà la frase coreano significa “sono triste“. In coreano è un’espressione emotiva, non fisica.
Un altro esempio è dovuto all’assenza dell’articolo in coreano che porta spesso a errori di determinazione. Automaticamente si leggerebbe “lavoro nel ristorante”, ma la traduzione corretta è “lavoro in un ristorante”.
Questi esempi mostrano come la traduzione automatica non colga le implicazioni culturali o idiomatiche.
In un documento ufficiale o in un testo commerciale, anche una piccola sfumatura sbagliata può alterare completamente il messaggio.
Affidarsi a un traduttore o a un’agenzia specializzata come Action Line significa non solo ottenere un testo linguisticamente corretto, ma culturalmente adeguato.
Il traduttore professionista valuta il contesto, il pubblico, il registro e lo scopo del testo, garantendo una comunicazione fluida e rispettosa delle convenzioni locali.
Che si tratti di contratti, brochure, siti web, manuali tecnici o comunicati ufficiali, la traduzione in coreano richiede una sensibilità linguistica che nessuna macchina può sostituire.
Tradurre dal coreano non è solo una questione di parole: è una mediazione culturale.
La complessità dell’Hangul, la ricchezza degli onorifici, la struttura grammaticale e la necessità di interpretare il tono rendono questa lingua affascinante ma impegnativa.
Solo un traduttore esperto può garantire che il messaggio venga trasmesso nel modo giusto, rispettoso, preciso e naturale, preservando l’immagine e l’intento di chi comunica.
Action Line mette a disposizione traduttori madrelingua coreani specializzati in diversi settori: tecnico, commerciale, turistico, legale e audiovisivo.
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