Ho partecipato con molto entusiasmo ed interesse al convegno di venerdì e sabato scorsi a Ravenna perché raramente ci sono eventi legati al mondo della traduzione: “Traduttore, questo (s)conosciuto. Giornate sulla traduzione editoriale“, presso la Sala Muratori della Biblioteca Classense.
Mi sono detta: “la traduzione editoriale non è la mia cup of tea come direbbero gli inglesi, però sarà sicuramente arricchente”.
Ringrazio tutti gli oratori che hanno portato la propria esperienza e ci hanno fatto entrare per qualche minuto nel loro mondo. Ammetto però che forse le mie aspettative erano troppo elevate e sono tornata a casa un po’ delusa.
Mi piacerebbe sentire il parere di alcune traduttrici, compagne di corso, e capire se anche loro come me si aspettavano qualcosa di più.
Probabilmente trattandosi di un argomento di nicchia, gli organizzatori hanno voluto scegliere la strada della prudenza e porsi a metà strada tra l’evento per esperti e l’evento per profani.
Da menzionare le note di apertura di Vincenzo Mantovani, memoria storica della traduzione editoriale. Con i suoi 81 anni ci ha fatto fare un balzo indietro. Mi è rimasta impressa la sua affermazione: quando ci fu il boom dell’editoria, era normale dire “una traduzione non si nega a nessuno“. Era il modo per entrare in contatto con un editore, con la speranza poi di fare altro.
Ha saputo tenere benissimo l’attenzione della platea Luigi Civalleri che ci ha fatto conoscere le particolarità della traduzione scientifica.
Non sapevo che la prima edizione del libro di Charles Darwin L’origine delle specie ad opera della selezione naturale fosse stato tradotto in italiano come Sull’origine delle specie per elezione naturale di Carlo Darwin (!!!)
Ci ha fatto conoscere il ruolo del science writer e quindi del traduttore di questi scrittori per i quali “la fedeltà al lettore implicito prevale sulla fedeltà al testo originale“. Pertanto nel tradurre ci si allontana talvolta anche drasticamente dal testo originale, aggiungendo o togliendo riferimenti culturali e si ha la libertà di modificare metafore che per il lettore della traduzione non hanno lo stesso significato del lettore del testo originale.
Particolarmente interessante l’intervento di Bruno Berni, traduttore da 30 anni di “letterature minori” in particolare danese. Nel 2000 ha vinto il Premio giornalistico dell’Associazione commerciale italo-danese per il suo contributo alla conoscenza tra i due paesi. È lui il traduttore di Il senso di Smilla per la neve di Peter Høeg oltre alla nuova traduzione del 2001 delle Fiabe e storie di Hans Christian Andersen.
Perché ritradurre Andersen? Nell’Ottocento si traduceva a partire dalla versione tradotta in francese e nel Novecento dalla versione tradotta in tedesco. Ovviamente le versioni tradotte avevano i loro (più o meno leciti) adattamenti e nel tradurre in italiano ci si è allontanati dall’originale. Un caso emblematico. La famosa fiaba “I vestiti dell’imperatore” era in originale “I vestiti del Gran Duca“, ma in italiano è stata tradotta dalla versione francese che aveva fatto la scelta di usare la parola imperatore più vicina al pubblico francese.
Quello che più mi ha colpito dell’intervento di Berni è stata la nuova visione del traduttore: il traduttore di “letterature minori” ha anche il compito di proporre agli editori italiani opere sconosciute, non solo portando le novità ma anche i classici. Quindi il traduttore diventa mediatore.
Oltre a quelli menzionati hanno partecipato Martina Testa, Massimo Bocchiola, Franco Nasi, Giovanni Nadiani, Federica Angelini e Claudia Tarolo.
Vi lascio con una chicca che mi ha fatto sorridere.
Gli appassionati di Star Wars sanno che nella versione italiana del primo film the “clone wars” fu tradotto come “guerra dei quoti“? Il motivo era cercare di rendere il termine meno ostico ad un pubblico ancora poco avvezzo alla parola “clone”.
La traduzione è viva e, mentre l’opera originale rimane immutata, la traduzione evolve e si adatta ai tempi e al pubblico per cui è normale che le opere vengano ri-tradotte. Oggi le “clone wars” sono tradotte senza ombra di dubbio in “guerre dei cloni”, perché il termine è noto a tutti.
Chiudo con un GRAZIE a tutti i traduttori che ci permettono di leggere tantissimi autori che, diversamente, non potremmo conoscere.