Ho scritto questo articolo a 4 mani sul vino di importazione in Russia, in tempi non sospetti.
Era inizio febbraio.
Dopo i fatti noti, ho sospeso la pubblicazione, ma oggi scelgo di pubblicarlo perché la Russia rimane un importante mercato di riferimento e le informazioni qui contenute possono essere utili.
Fatta questa doverosa premessa, entriamo nell’ambito vinicolo.
È d’obbligo considerare che la percezione del vino in Russia è ben diversa da quella che abbiamo noi in Italia, dove il vino è un prodotto comune e presente nella vita di tutti i giorni. Noi cresciamo con la cultura del vino. Sin da bambini, è normale vedere gli adulti consumare vino ai pasti e sentire parlare di vino e di qualità.
Sebbene sia difficile ovviamente generalizzare, va detto che in Russia i palati sono più abituati a birra e superalcolici e manca la cultura del vino, perché la coltivazione della vite è estremamente difficile e limitata geograficamente.
Per la maggior parte della popolazione il vino resta una bevanda riservata ad eventi speciali. E comunque sono da sempre stati consumati vini moldavi o caucasici, più facilmente reperibili sul mercato e a costi contenuti.
Proprio la mancanza di abitudine al consumo di vino rende più difficile percepirne la qualità: “è difficile spiegare il retrogusto vellutato di un vino ad un palato abituato alle bevande alcoliche meno raffinate”.
In generale, i russi amano il nostro Bel Paese. Quindi tutto quello che è Made in Italy è sinonimo di qualità e ha un’ottima reputazione.
Ma, attenzione, quello che per un russo è percepito come un buon vino potrebbe, per un italiano, essere un prodotto paragonabile al “vino della casa” che è, sì, buono, ma non eccelso.
Bisogna quindi saper comunicare bene i propri vini, avendo l’accortezza che il consumatore medio russo va educato.
I russi sono molto curiosi, in senso positivo: vogliono conoscere aneddoti, storie, usi e costumi del nostro paese.
Lo storytelling è sicuramente un buono strumento per creare coinvolgimento e catturare l’attenzione del mercato russo.
Non dimentichiamoci però che la Russia è un paese vasto e va analizzato con il supporto di agenzie specializzate che conosco la sua eterogeneità e aiutano a individuare aree e target.
Di fatto, le città realisticamente più aperte al consumo di prodotti di importazione sono Mosca e San Pietroburgo, dove si registra un aumento delle vendite di vino italiano, in particolare tra i Millenials, che hanno un atteggiamento più curioso verso i vini importati, insieme alla fascia di popolazione ricca.
Nuovi target richiedono nuove strategie.
Il social selling è l’anello di congiunzione tra il brand e il consumatore.
Sebbene il social network più usato in Russia è VK, anche Instagram ha un ruolo crescente.
Usato soprattutto da utenti con reddito medio o superiore alla media, Instagram registra tempi medi di utilizzo pari a 26 minuti al giorno.
È interessante analizzare l’azione del Consorzio Vino Chianti che ha fatto ricorso a 10 influencer (da oltre 1 milione di follower su Instagram) per promuovere il suo vino tra i giovani russi. Il risultato è stato un interessante aumento delle esportazioni verso il mercato russo.
Da tenere in considerazione anche Yandex Zen, usato per condividere articoli video e foto, è un ottimo strumento per lo sviluppo della brand awareness, lead generation e per proporre nuovi prodotti sul mercato.
La piattaforma conta oltre 16 milioni di visitatori al giorno ed è uno dei siti più visitati della Federazione Russa.
Ci siamo sentite dire “ho il sito in inglese, per ora comincio così”
È sbagliato pensare che l’inglese possa fungere da ‘lingua ponte’. Se vuoi vendere in Russia, devi parlare russo.
È indispensabile comunicare in russo.
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Il tuo sito web è la vetrina sul mercato internazionale e deve parlare tante lingue quanti sono i mercati che ti interessano.
È consigliabile avere un sito che si appoggia a provider locali, registrando il dominio presso soggetti autorizzati. Questa manovra migliorerebbe anche la velocità di caricamento del sito stesso e quindi la user experience.
Quando si approccia un mercato straniero, è bene conoscere il paese in maniera ampia anche dal punto di vista culturale per evitare scivoloni e figuracce.
Non c’è solo la lingua a marcare una distanza tra due popoli, ma un insieme di storia, abitudini, credenze.
A tavola, ad esempio, meglio non lasciare bottiglie vuote, né versare da bere puntando in fondo della bottiglia verso di sé, perché sono gesti che portano sfortuna.
Inoltre in Russia sono sempre gli uomini a versare il vino alle donne, mentre ormai da noi si denota una certa autonomia da questo punto di vista. In Russia sono gli uomini a controllare se i bicchieri sono vuoti e a riempirli alle donne in segno di cortesia.
E bisognerà anche sapere che il 13 è un numero sfortunato (ma il 17 no) e che il gesto scaramantico per evitare la sfortuna è toccare legno e non ferro.
Per quanto riguarda l’alfabeto latino, le lettere del nostro alfabeto sono familiari ai russi. Al massimo possono restare dubbi di pronuncia per gruppi consonantici particolari (ad esempio gn o ch).
Quando si traslittera da latino a cirillico, o viceversa, si segue un sistema condiviso internazionale.
Bisognerà però porre attenzione quando si vuole traslitterare il nome di un’azienda e dei suoi prodotti perché i nomi saranno un biglietto da visita. La traslitterazione dovrà quindi ritrasmettere il suono dei nomi italiani con l’alfabeto cirillico, avendo l’accortezza che la trascrizione non somigli in alcun modo a una parola offensiva nella lingua di arrivo.
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